L’8 maggio è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la modifica sulla “classificazione di EllaOne ai fini della dispensazione”. Con una decisione “salomonica” e per la prima volta senza tenere conto del parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità, l’AIFA ha deciso di liberalizzare la vendita del farmaco per le donne maggiorenni. Rimane soggetto a prescrizione medica da rinnovare volta per volta per le minorenni, mentre scompare per tutte l’obbligo del test di gravidanza. Si invita a leggere attentamente il parere del CSS perché permette di comprendere i limiti e le ambiguità della decisione dell’EMA, prima, e dell’AIFA poi. Il CSS esprime con chiarezza le motivazioni che avrebbero dovuto mantenere il farmaco nella precedente classificazione, il tutto suffragato da evidenti dati scientifici. Un parere autorevole incomprensibilmente disatteso, visto che l’AIFA stessa l’aveva sollecitato. Ci si astiene da commenti approfonditi su questo punto, poiché appare più utile affrontare tematiche correlate alla nostra professione. Le novità apportate, infatti, fanno emergere problematiche etico-professionali ed etico-morali per il farmacista.

Nella Determina AIFA 21 aprile 2015 (poi pubblicata l’8 maggio) la modifica del regime prescrittivo del farmaco EllaOne viene legata alla maggiore età della paziente, che può ottenerlo senza la presentazione di ricetta medica (SOP). Nessuna modifica invece nel caso di donne con età inferiore ai 18 anni, per le quali continua ad essere necessaria ricetta medica non ripetibile. È quindi l’età della paziente a determinare il regime prescrittivo. Da ciò nascono problematiche serie, soprattutto nella gestione e nella procedura da seguire. Il farmacista deve verificare il requisito di maggiore età della paziente, magari attraverso la presa visione di un documento di identità. Però, se questa non si presenta di persona in farmacia, emerge chiara l’esigenza di escogitare un altro metodo di accertamento. Deve essere sottolineato che è necessario controllare l’età della paziente e non dell’acquirente, cosa che sarebbe molto più semplice. Come il farmacista può tutelarsi nel rispetto della nuova classificazione? Questo è indubbiamente un delicato problema etico-professionale. Unica via percorribile per un corretto riscontro, sembrerebbe quella nella quale acquirente ed utilizzatrice finale coincidono. Bisogna tenere conto infatti che si potrebbero verificare situazioni illegali, nelle quali una donna maggiorenne potrebbe acquistare il farmaco per una minorenne, escamotage molto semplice da applicare e che permetterebbe un uso incontrollato a tutte le età. Difficile invece consentire la vendita ad un uomo, in quanto non si potrebbero avere certezze sull’identità dell’utilizzatrice e sul motivo dell’acquisto. Continuando nel ragionamento, si giungerebbe ad affermare che l’unica soluzione possibile sarebbe rappresentata dall’obbligo di assunzione del farmaco da parte della paziente in farmacia, cioè in presenza del farmacista. Assurdo? Non più di tanto, ripensando al tipo di coinvolgimento dei farmacisti che l’EMA ha previsto nelle sue linee guida. Probabilmente si cercherà di superare l’impasse consentendo all’acquirente di portare un documento o un’autocertificazione della paziente/utilizzatrice, facendo assumere così la piena responsabilità a chi si presenta in farmacia per la richiesta. Risulta chiaro che le cose siano sufficientemente confuse, tanto che in queste settimane, nei giornali, si sono alternate sicure prese di posizione a supplichevoli richieste di chiarimenti.

Eppure, il mantenimento dell’obbligo di ricetta avrebbe evitato tutte queste complicazioni. È opportuno ricordare che una ricetta medica ha valenza di documento ufficiale, strettamente legato al paziente e quindi personale. Il medico normalmente prescrive un farmaco ad una persona conosciuta ed in sua presenza, dandogli opportuni ragguagli ed informazioni; riporta il nome (o codice fiscale) sulla ricetta, dando così una chiara indicazione di chi deve assumerlo. Nel rispetto della privacy, anche una diversa persona può recarsi in farmacia per l’acquisto con la ricetta medica, ma questo documento garantisce senza alcun dubbio quale sia l’utilizzatore finale.

In alcune dichiarazioni è trapelato che l’AIFA, con la sua decisione, ha voluto tutelare la salute delle minorenni, poiché non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine e per somministrazioni ripetute. Non si capisce perché questa tutela non si debba estendere a tutte le donne. Infatti una paziente di diciassette anni deve presentare ricetta medica non ripetibile per ottenere il farmaco, evitando così la possibilità di riacquisto; al compimento del diciottesimo anno, la stessa, assumendosi la responsabilità di una decisione consapevole e libera, può acquistare un numero imprecisato di confezioni, ipotizzando che con la maggiore età possa conoscere le conseguenze a cui può andare incontro. Ma di queste neppure l’AIFA è a conoscenza. Quando si parla di tutela in ambito sanitario, in caso di possibili effetti secondari non completamente conosciuti, non ci può essere distinzione di età. Se non vi sono dati sufficienti per garantire la sicurezza di un farmaco per un uso ripetuto ed incontrollato, questo deve valere per tutti i pazienti, ovviamente con un occhio di riguardo per quelli più fragili, affetti da patologie specifiche: non certo la maggiore età fa ridurre i rischi.

Solo attraverso la strada della corretta e completa informazione sarà possibile tutelare la donna. Speriamo che il Ministero della Salute abbia già sviluppato dei progetti in questo senso. Più realisticamente ci si limiterà ad inserire nel foglietto illustrativo o sulla confezione un’avvertenza in grassetto del tipo: “Evitare l’uso ripetuto. Non si conoscono gli effetti a lungo termine”. Una modalità simile a quella adottata per i pacchetti di sigarette, sui quali vi è scritto: “Il fumo uccide”.

EllaOne è diventata a tutti gli effetti un SOP (come il paracetamolo in compresse!) e quindi è facile ipotizzare che possa essere venduta, presumibilmente solo per le pazienti maggiorenni, nelle parafarmacie , nei corner della grande distribuzione e nei siti di e-commerce di prossima istituzione. Non siamo ancora in grado di sapere con quali modalità. Sembra comunque difficile coniugare la tutela della donna ed il controllo sull’uso ripetuto, con questo chiaro tentativo di espandere il mercato dei contraccettivi d’emergenza. Si può agevolmente prevedere che questi farmaci, incentivati all’uso perché più facilmente reperibili in commercio dei contraccettivi tradizionali, andranno gradualmente soppiantando quest’ultimi, per i quali è ancora necessaria la prescrizione medica.

Tutto ciò comporterà un acquisto ed una somministrazione incontrollata del medicinale, con conseguenze preoccupanti. Come si potrà evitare, infatti, l’aborto “fai da te”? L’assunzione di più pillole di EllaOne hanno un effetto abortivo paragonabile a quello della Ru486. Dopo la decisione dell’AIFA, reperire un certo numero di confezioni potrebbe risultare cosa molto semplice, ma non vi è modo di controllare l’uso che se ne vuol fare. Fino ad oggi gli aborti clandestini sono stati combattuti attraverso varie iniziative e progetti di prevenzione, ma presto si potrebbero incontrare nuove situazioni che sarà forse lecito definire “aborti domiciliari”.

Molti penseranno: “Se il farmaco è un SOP e quindi di comprovata sicurezza, un adulto può liberamente prendersi la responsabilità del suo utilizzo, senza scomodare il farmacista”. L’AIFA ha però puntualizzato che si tratta di un “medicinale non soggetto a prescrizione medica, ma non da banco (SOP)”, prevedendo quindi la presenza del farmacista ed il suo ruolo professionale attivo nella fase di dispensazione.

Inoltre, nel suo documento del 4 dicembre 2014, l’EMA ha incluso alcune raccomandazioni sul compito che il farmacista deve svolgere nella nuova modalità di vendita senza ricetta dell’ulipristal. Ha previsto una fase di informazione e aggiornamento del farmacista, che dovrà seguire la paziente nella scelta consapevole e, in un secondo momento, accompagnarla nella corretta gestione di un metodo contraccettivo adatto, proprio per evitare il ripetersi frequente della somministrazione. Oggi questo è compito del medico, spesso del ginecologo, domani forse del farmacista, in una farmacia affollata, in spazi non sempre idonei per la privacy, con dei tempi ristretti dettati da impegni ed impedimenti tecnico-commerciali. Al momento non siamo a conoscenza se l’AIFA abbia previsto delle indicazioni professionali di questo tipo, ma non stupirebbe se presto uscissero delle circolari in proposito, poiché molto è stato recepito dalla documentazione europea.

Piuttosto complicata appare quindi la gestione e la vendita di questo farmaco in farmacia. Sicuramente vi saranno nuovi obblighi (verifica della maggiore età della paziente, verifica dell’identità del soggetto a cui è destinato il medicinale,…) che andranno ad aggravare la responsabilità del professionista, ma che dovranno essere chiariti in modo preciso.

Da quanto è emerso in questa lunga disamina su alcune problematiche etico-professionali, è ragionevole domandarsi se il farmacista potrà da oggi dispensare a cuor leggero la “pillola dei 5 giorni dopo”, o avere dei dubbi, perplessità, timori e ripensamenti, come ogni uomo di fronte ad una scelta difficile ed incerta.

La situazione risulta ancor più delicata quando entra in gioco la propria coscienza, cosa che capita spesso nel rapporto del farmacista con il paziente-cliente. Difficile soffocarla, soprattutto se si seguono dei principi che hanno alla base il rispetto della vita, punto di riferimento anche del nostro vivere civile, fondamento di leggi e della stessa Costituzione. Nella quotidianità della professione è fondamentale la coerenza con questi principi cardine della nostra cultura, per non dimenticare che al centro della nostra opera vi è l’uomo.

Nel parere espresso dal CSS del 10 marzo 2015, si legge testualmente: “secondo i meccanismi d’azione del farmaco e la letteratura ancora controversa, si ritiene di non poter escludere un’azione antinidatoria.” Viene altresì ritenuto, alla luce degli studi attuali, che gli effetti del farmaco su una gravidanza in atto non siano stati ancora sufficientemente chiariti dalla ricerca. Ciò significa che l’ulipristal acetato può agire dopo il concepimento, inibendo l’annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero materno, impedendo così lo sviluppo embrionale. Ed inoltre, non può essere esclusa un’azione abortiva diretta in base al dosaggio: vi è una carenza di dati relativi alla fetotossicità e teratogenicità sugli umani, mentre sugli animali sono stati evidenziati possibili effetti abortivi. EMA ed AIFA, basandosi sugli stessi studi, sostengono posizioni antitetiche, dichiarando che lo stesso farmaco può evitare il concepimento come unica azione, minimizzando i potenziali effetti sul feto.

A chi credere? Se esiste anche una sola possibilità che il farmaco sia in grado di interrompere una gravidanza o inibire lo sviluppo dell’embrione, perché impedire al farmacista di negare la dispensazione, come scelta libera che lo accomuna agli altri operatori sanitari? Va inoltre ricordato che in base a quanto affermato dal CSS, il farmaco è incompatibile con le leggi nazionali vigenti (Legge 405/1975 e Legge 194/1978). Allora, è lecito chiedersi quale legge e quali indicazioni deve applicare il professionista che si trova tra le mani questo medicinale: sicuramente la scelta più comoda sarà quella di non tenerlo in farmacia, ma i problemi etici rimarranno.

Nello stesso parere del CSS viene anche sottolineata la contrarietà dell’Italia alla posizione espressa dall’EMA. All’interno del CHMP (Comitato per i Medicinali per Uso Umano) il rappresentante italiano si è posto in disaccordo con gli altri membri, non votando la decisione di liberalizzare la vendita del farmaco attraverso la cancellazione dell’obbligo della ricetta medica. Forse ci si poteva aspettare una maggiore coerenza e indipendenza da parte dell’AIFA, poiché nei casi come questo, gli Stati membri dell’Unione Europea non sono vincolati all’accettazione delle decisioni dell’EMA.

Torniamo alla possibilità per il farmacista di negare per ragioni etiche e morali, in seguito a richiesta verbale, la consegna di EllaOne, ormai diventato un SOP. Seguiamo un semplice ragionamento. Spesso l’obiezione di coscienza viene considerata inapplicabile per l’obbligo vincolante inserito nell’art. 38 del Regio Decreto n. 1706 del 1938: è infatti previsto che il farmacista non può rifiutarsi di vendere le specialità di cui è provvisto e di spedire una ricetta firmata da un medico; per medicinali non presenti in farmacia, vi è l’obbligo di procurarli nel più breve tempo possibile. In realtà già alcune sentenze hanno considerato questa norma subordinata ad un’altra più importante, quella che sanziona l’interruzione di pubblico servizio: solo comprovando questa colpa, il professionista può essere rinviato a giudizio. EllaOne è stato classificato come SOP (senza obbligo di ricetta) e rientra quindi in una categoria venduta anche negli esercizi commerciali di cui all’art. 5 del D.L. 223/06 (convertito nella legge 248/06). Si deve sottolineare che per questi ultimi non vale l’articolo sopra citato, in quanto nella sua impostazione vi sono precisi riferimenti alle procedure di presa in carico di una ricetta medica (parafarmacie e corner dei supermercati non possono spedire ricette). Da ciò si deduce che i farmaci SOP e OTC non fanno parte di quelli annoverati nell’art.38 e quindi anche EllaOne rimane esclusa. Per quanto detto, il farmacista può, per ragioni etiche, morali od anche per semplice scelta commerciale, non tenere questo farmaco in farmacia e decidere di non venderlo. In caso contrario si dovrebbe supporre che soltanto farmacisti presenti in alcuni esercizi commerciali (parafarmacie) possano essere liberi di rifiutarne la dispensazione, cioè non avere alcun vincolo o obbligo normativo. Questa distinzione non è contemplata in alcun documento ufficiale e per di più è lesiva della dignità e libertà del professionista.

L’Obiezione di Coscienza è un diritto con valenza universale che trova fondamento nella nostra Costituzione e che ha riferimento nei diritti inviolabili dell’uomo, come in passato è già stato dichiarato (pareri del Comitato Nazionale per la Bioetica, 25 febbraio 2011 e 30 luglio 2012).

Lo stesso Codice Deontologico del Farmacista chiarisce la necessità di tutelare l’indipendenza del farmacista nel suo operato professionale, che deve svolgersi “conformemente ai principi etici e tenendo sempre presenti i diritti del malato e il rispetto della vita umana”, come previsto dall’art. 3. Ed è proprio questo rispetto per la vita, rafforzato dalle dichiarazioni autorevoli del CSS e di una parte della scienza, che può spingere il professionista ad astenersi nella dispensazione.

Nell’esercizio della procreazione responsabile va tutelata la donna ed il prodotto del concepimento (Legge 405/75), escludendo implicitamente il ricorso a farmaci e sistemi post-concezionali o abortivi. In farmacia possono essere venduti solo farmaci anticoncezionali e non abortivi, quindi i farmacisti hanno il diritto di conoscere la reale definizione di “contraccettivo” e quali medicinali siano incompatibili con essa, facendo riferimento a studi scientifici finalmente chiari e inequivocabili. Se questo non è al momento possibile, qualunque professionista deve essere libero di esprimere il proprio parere e, basandosi anche sui dubbi e incongruenze, fare una scelta di comportamento secondo la propria coscienza.

Si è voluto liberalizzare la vendita di un farmaco potenzialmente antinidatorio e con azione post-concepimento, ottenibile senza troppi controlli e del quale difficilmente si riuscirà a limitare gli abusi. Poiché il farmacista avrà sicuramente maggiori oneri e responsabilità, a maggior ragione deve essere libero in coscienza di dispensarlo o negarlo. Nelle scorse settimane alcuni giornalisti e commentatori hanno descritto la decisione dell’AIFA come una scelta di libertà e buon senso. Ma la libertà non è propria di alcune persone: la libertà è di tutti!

È possibile trovare sul web documenti inerenti agli argomenti trattati. Per la lettura completa del parere espresso dal CSS, per approfondimenti e riferimenti scientifici, si rimanda al sito www.sipre.eu.

Dr. Giorgio Falcon    –   Vicepresidente nazionale UCFI

5 Commenti a “EllaOne: nuove problematiche in farmacia.”

  • Giuseppe scrive:

    Gia’ scrissi all’uscita della liberalizzazione di detto farmaco alla Ass. Farmacisti Cattolici, ma non ho avuto nessun riscontro.

    Personalmente ho segnalato a tutte le farmacie (7-8)dove svolgo regolarmente la mia attivita’ libero professionale di F. Notturno che non voglio diventare il centro di riferimento di interruzione della gravidanza della zona del lago di garda.

    Alla richiesta di tale farmaco invito il paziente a voler contattare un medico per la valutazione del caso e ottenere una giusta prescrizione, dal momento che non ritengo assolutamente di assumermi, ne’ eticamente ne’ professionalmente, la responsabilita’ di un farmaco di tale portata.

    Sarebbe poi auspicabile che qualcuno ricordasse ai luminari del ministero della Salute, che per la dispensazione del contraccetivo per la gatta devo conservare ricetta in originale per 5 anni.
    Vi saluto cordialmente
    Farina Giuseppe – ord. 970 –

  • giuseppe scrive:

    Spett UCFI Venezia,essendo un farmacista dipendente potrei sapere come poter esercitare l’obiezione di coscienza in contrasto con le direttive del titolare e dovendo a volte restare solo al banco Grazie,

  • amministratore scrive:

    Mi scuso per il ritardo con cui rispondo, ma ho potuto recuperare solo ora il tuo messaggio dagli spam.
    L’obiezione di coscienza, anche se è un diritto per il farmacista, come per tutti gli altri operatori sanitari, nel nostro caso non è regolamentata da una legge dello Stato. Per questo motivo è necessario trovare un accordo con il titolare della farmacia, poiché non deve essere motivo di contrasto. So bene che non è facile e conosco colleghi che sono stati licenziati per le loro scelte. Normalmente con il buon senso e la ragionevolezza si possono risolvere situazioni delicate. Per difendere la tua posizione, leggi i documenti riportati sul sito http://www.sipre.eu e falli presente al tuo titolare. Importante è soprattutto il parere del CSS che non può essere ignorato. Sono disponibile per qualunque approfondimento.

  • dott. Matteo Sanelli scrive:

    “EllaOne è diventata a tutti gli effetti un SOP (come il paracetamolo in compresse!) e quindi è facile ipotizzare che possa essere venduta, presumibilmente solo per le pazienti maggiorenni, nelle parafarmacie , nei corner della grande distribuzione e nei siti di e-commerce di prossima istituzione.”
    Può circostanziare meglio questa affermazione? A me risulta che i farmaci SOP non siano vendibili in parafarmacia. In generale, tutta la retorica sullo scenario da lei previsto ricorda molto una fallacia logica molto usata da alcuni politici: https://it.wikipedia.org/wiki/Fallacia_della_brutta_china

    “L’assunzione di più pillole di EllaOne hanno un effetto abortivo paragonabile a quello della Ru486.” Può riportare le fonti di questa affermazione? Su PubMed non risulta, al contrario il farmaco è risultato innocuo per l’embrione (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/8774277)

    “L’Obiezione di Coscienza è un diritto con valenza universale che trova fondamento nella nostra Costituzione e che ha riferimento nei diritti inviolabili dell’uomo, come in passato è già stato dichiarato (pareri del Comitato Nazionale per la Bioetica, 25 febbraio 2011 e 30 luglio 2012).”

    Il parere da lei citato riguard l’aborto volontario, per la contraccezione d’emergenza vale il parere del 25 Febbraio 2011, che recita:
    “Il Comitato ha ricordato in via generale che l’obiezione di coscienza, che
    ha un fondamento costituzionale nel diritto alla libertà religiosa e alla libertà di
    coscienza, deve pur sempre essere realizzato nel rispetto degli altri diritti
    fondamentali previsti dalla nostra Carta costituzionale e fra questi l’irrinunciabile
    diritto del cittadino a vedere garantita la propria salute e a ricevere quella
    assistenza sanitaria riconosciuta per legge.” e riconosce il diritto alla odc nel caso in cui “la condotta del farmacista che, agendo secondo la propria
    coscienza, rifiuti di tenere, procurare e/o dispensare farmaci idonei ad
    impedire l’impianto dell’embrione nell’endometrio o a procurare in
    qualsiasi modo la morte del concepito.”

    Come Lei saprà, sia l’Ulipristal acetato che il Levonorgestel sono inibitori dell’ovulazione e non antiannidanti, pertanto non sussiste alcun diritto all’obiezione di coscienza. Esemplare in questo senso è la sentenza 8465/2001 del Tar del Lazio, così come l’indicazione dell’OMS laddove indica il Levonorgestel e l’Ulipristal come contraccettivi di classe 1.

  • amministratore scrive:

    Molte risposte ai quesiti che mi ha posto sono presenti già nel mio articolo ed in quello successivo, che sicuramente avrà letto.
    Da come si è espresso, non credo sia un farmacista e quindi proverò a rispondere nel modo più chiaro possibile.
    Nel primo punto che ha citato, ho fatto una semplice previsione, che si è puntualmente realizzata pochi giorni dopo, nella divulgazione dei chiarimenti contenuti nella circolare ministeriale del 22/05/2015. In questa viene infatti specificato che “il medicinale EllaOne può essere dispensato alle donne maggiorenni, quale medicinale SOP nelle farmacie e negli appositi spazi vendita (della grande distribuzione) o parafarmacie, di cui all’art. 5 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 233, convertito con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248”. Ricordo che la citata legge 248 del 4 agosto 2006, prevede l’istituzione di parafarmacie e corner della GDO, in deroga alle leggi preesistenti riguardanti l’istituzione di nuove sedi farmaceutiche, e la possibilità di vendere al loro interno farmaci classificati come SOP (specialità senza obbligo di prescrizione) e OTC (farmaci da banco). Oggi possiamo trovare EllaOne tra i SOP anche al di fuori della farmacia, non solo a fianco del paracetamolo, ma accanto a farmaci molto sicuri e ben tollerati, come alcuni fermenti lattici che hanno la medesima classificazione. Questa non è retorica, è un dato di fatto!
    Per quanto riguarda l’effetto abortivo dell’ulipristal acetato, è sufficiente leggere i documenti ufficiali dell’EMA, che sono stati recepiti anche da AIFA: CHMP assessment report for EllaOne (doc. ref. EMEA/261787/2009) del 2009, che si riferisce alla documentazione scientifica per l’introduzione in commercio del farmaco, e CHMP assessment report 4 dec. 2014 (doc. ref. EMA/73099/2015), che contiene la discussione avvenuta all’interno del Comitato Scientifico dell’EMA sulla modifica delle modalità di dispensazione. Possono essere scaricati dal sito internet dell’EMA e rappresentano la posizione ufficiale dell’Europa su EllaOne, annoverando tutti gli studi scientifici che sono stati ritenuti significativi ed appropriati, ovviamente studi proposti il più delle volte dalla ditta produttrice. All’inizio del primo documento si prende in esame l’ulipristal acetato (UPA) nel confronto con l’Ru486 (struttura chimica, meccanismi d’azione, effetti), basandosi soprattutto su studi preclinici svolti sugli animali. Poiché la struttura chimica è analoga a quella della Ru486 (è un suo derivato chimico), si è partiti dall’assunto che avesse gli stessi effetti abortivi: gli studi esaminati dovevano dimostrare a quali dosaggi l’UPA avesse effetti abortivi paragonabili all’Ru486 e a quali avesse solo effetto contraccettivo. Purtroppo non si sono ottenuti dei dati completi, per alcuni problemi sperimentali, rappresentati anche dalla morte di alcuni animali per imprevisti e devastanti effetti collaterali. Tra i dati riportati nelle tabelle riassuntive, si può osservare che l’UPA è più efficace come abortivo rispetto all’Ru486 se somministrato per via intramuscolare nei primati, ma lo è meno per via orale. Nel secondo documento la ditta produttrice ripropone lo stesso studio sui primati per dimostrare che l’effetto abortivo è evidente solo ad alti dosaggi. Viene tentato anche di estrapolare dei possibili dati per l’uomo: si giunge ad affermare che la plausibile dose abortiva per l’uomo si aggira sulle 13 volte la dose di 30 mg (corrispondente ad una compressa di EllaOne). In realtà nel calcolo viene commesso un errore: volutamente si dimentica che i 30 mg di UPA micronizzato contenuto in una compressa di EllaOne, corrispondono a 50 mg di UPA non micronizzato, per quanto riguarda gli effetti, come dimostrato in studi recenti e ripreso dal parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità il 10 marzo 2015. Se si prende come riferimento la singola compressa, la dose abortiva risulta quindi inferiore rispetto a quella suggerita. L’EMA non ha potuto quindi prendere una posizione ben delineata ed ha chiesto alla ditta dei dati sull’utilizzo offlabel del farmaco, che sono stati poi accettati, ma non hanno del tutto convinto il Comitato scientifico, per la loro scarsa attendibilità. Per evitare il rischio di un uso improprio è stato imposto l’inserimento nella scheda tecnica e nel foglietto illustrativo della dicitura: “il farmaco non interrompe una gravidanza esistente”, con chiaro riferimento alla dose di 30 mg, anche se non espressamente citata.
    Il link che mi ha fornito sullo studio dell’innocuità del farmaco per l’embrione non è pertinente: si tratta infatti di un vecchio studio sulla stima della fertilità dell’uomo e sull’incidenza degli aborti spontanei, basato su interviste e questionari. L’EMA e l’AIFA non hanno mai affermato che il farmaco sia “innocuo per l’embrione umano”. Nel documento EMA di dicembre 2014, per verificare la sicurezza dell’ulipristal in caso di gravidanza in atto o di insuccesso terapeutico della contraccezione di emergenza, si è fatto riferimento ad uno studio su un numero di casi molto limitato (56 bambini). Per questo sono rimasti l’obbligo del monitoraggio intensivo sul farmaco e quello della segnalazione sul registro delle gravidanze, appositamente creato dalla ditta produttrice. Tutti gli studi finora prodotti, non permettono di escludere effetti sull’embrione. L’AIFA, con nota informativa importante dell’11 gennaio 2016, ha ricordato agli operatori sanitari il dovere di vigilare sugli effetti collaterali del farmaco, soprattutto nei casi di gravidanza non voluta instauratasi dopo somministrazione o di somministrazione durante una gravidanza, e la necessità di fornire tutte le informazioni al registro delle gravidanze istituito dalla ditta.
    Le consiglio di leggere attentamente i due documenti dell’EMA, perché contengono molte notizie importanti. Vorrei sottolineare che alla fine del secondo testo, potrà leggere la posizione del rappresentante italiano nel CHMP, che si è dichiarato contrario alla decisione di liberalizzare la vendita di EllaOne, a nome dell’Italia, per motivi che sono stati poi ripresi e sviluppati nel parere del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) del 10 marzo 2015. La decisione successiva dell’AIFA di adeguarsi alle indicazioni europee segue esclusivamente criteri politici e non scientifici.
    Non ci si può scandalizzare se un farmaco abortivo viene utilizzato per la contraccezione di emergenza: da anni l’Ru486 (mifepristone) viene utilizzato a questo scopo in alcuni paesi, come Russia e Cina. Altro discorso è invece accettarne tranquillamente la commercializzazione senza dare le opportune informazioni.
    Il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica del 12 luglio 2012 non riguarda “l’aborto volontario”, come da lei riportato. Porta come titolo “Obiezione di coscienza e bioetica” ed a pagina 5 viene espressamente indicato che si vuole affrontare l’obiezione di coscienza “da un punto di vista bioetico e biogiuridico più generale”. Nelle pagine successive vengono poi presi in esame l’odc in ambito medico, l’odc per gli assistenti sociali, ed alle pagine 16 e 17 si affronta l’odc per il farmacista e alcune sue problematiche. Desidero ricordare la frase centrale che è stata riportata nella presentazione del documento: “il parere, col voto favorevole di tutti e un solo astenuto, conclude che l’obiezione di coscienza in bioetica è un diritto costituzionalmente fondato (con riferimento ai diritti inviolabili dell’uomo), costituisce un’istituzione democratica, in quanto preserva il carattere problematico delle questioni inerenti alla tutela dei diritti fondamentali senza vincolarle in modo assoluto al potere delle maggioranze, e va esercitata in modo sostenibile.” Anche per il farmacista l’odc rappresenta un diritto fondato sulla Costituzione Italiana e come facilmente si deduce dalle righe che lei ha riportato, ha eguale valore del diritto del cittadino all’assistenza sanitaria, perché sono entrambi previsti dalla Carta costituzionale. Interessante notare che nel parere del CNB del 25 febbraio 2011, anche i membri contrari alle conclusioni del documento, hanno riconosciuto l’assoluta correttezza deontologica ed etica nell’invocare la clausola di coscienza.
    Nel 2014 è stato modificato il foglietto illustrativo delle specialità contenenti levonorgestrel eliminando il riferimento all’azione intercettiva o antinidatoria del farmaco, ma nella scheda tecnica si fa riferimento alla sua capacità di bloccare e/o ritardare l’ovulazione soltanto come meccanismo d’azione principale e non unico. La spiegazione è molto semplice: il LNG ha azione diretta sull’endometrio uterino (si vedano gli effetti collaterali) potendone modificare la mucosa; l’efficacia elevata del farmaco (raggiunge l’85%) non è giustificabile dalla presenza di un unico meccanismo d’azione. Ragion per cui devono essere ipotizzati meccanismi secondari che concorrano all’efficacia dell’azione. Per trasparenza, la Food and Drug Administration statunitense ha previsto nei foglietti illustrativi di specialità contenenti LNG e UPA, il riferimento alle alterazioni dell’endometrio che possono influenzare l’impianto, come meccanismi capaci di contribuire all’efficacia del farmaco.
    Per capire meglio il meccanismo d’azione dell’UPA, consiglio la lettura della scheda tecnica dell’Esmya, specialità utilizzata nella terapia dei fibromi uterini. Risulterà evidente che il farmaco non agisce solo a livello ovarico, ma soprattutto a livello uterino, per l’elevata affinità per i recettori del progesterone, presenti in gran numero. L’azione diretta sull’endometrio provoca alterazioni istologiche specifiche, con epitelio inattivo. L’efficacia di UPA come contraccettivo di emergenza che si aggira sul 98%, non può essere spiegata dal solo meccanismo sull’ovulazione. Dagli studi condotti e riportati anche dalla ditta produttrice, l’efficacia diminuisce nel tempo se somministrato nei giorni successivi ad un rapporto non protetto, ma non scompare del tutto dopo il quinto giorno. L’unica spiegazione plausibile è la presenza di meccanismi d’azione diversi.
    Il Consiglio Superiore di Sanità, nel suo parere del 10 marzo 2015, dichiara espressamente: “si ritiene, secondo i meccanismi d’azione del farmaco e la letteratura ancora controversa, di non poter escludere un’azione antinidatoria”. Consiglio vivamente di leggere questo documento nella sua interezza, perché è bene che tutti gli operatori sanitari ne siano informati, indipendentemente dai loro punti di vista.
    Il parere del CNB del 25 febbraio 2011 vincolava la possibilità dell’obiezione di coscienza per il farmacista, alla presenza nel foglietto illustrativo del riferimento esplicito all’azione antinidatoria del farmaco. Questo vale esclusivamente nel caso in cui si voglia adottare la clausola di coscienza per rifiutare la dispensazione a seguito di presentazione di prescrizione medica. Ora invece, in alcuni casi, non vi è più ricetta medica. Il farmacista, come qualunque altro operatore sanitario, nella sua autonomia professionale, può seguire i riferimenti scientifici più importanti ed ufficiali, andando ad informare correttamente la donna e gestendo il farmaco secondo le proprie conoscenze. Ricordo che un farmaco SOP viene anche definito come una specialità vendibile su consiglio del farmacista.
    Si possono avere opinioni diverse, ma il confronto civile è fondamentale.

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