Il Comitato nazionale di bioetica sostanzialmente si è pronunciato a favore dell’obiezione di coscienza dei farmacisti che non vogliono consegnare la “pillola del giorno dopo”, chiedendo contemporaneamente che le autorità competenti provvedano a tutelare anche il diritto di chi richiede quel prodotto. Anche in questa occasione è stato riconosciuto che l’obiezione di coscienza ha un fondamento costituzionale nel diritto alla libertà di coscienza e la maggioranza del C.n.b. si è trovata d’accordo nel riconoscere al farmacista un ruolo riconducibile a quello degli operatori sanitari. Altri componenti ritengono che non si possa assimilare la figura del farmacista a quella del medico e il diritto all’obiezione costituirebbe un impedimento all’autodeterminazione della donna e una facoltà di censurare l’operato del medico.
La posizione espressa dai vari membri del C.n.b. potrebbe dare un importante impulso o, al contrario, rallentare l’iter delle leggi che sono state presentate al Senato per la regolamentazione dell’obiezione di coscienza per i farmacisti. Qual’è la vostra opinione?
Pensate che sia importante il diritto all’obiezione di coscienza solo per i farmacisti cattolici o per tutto il “mondo farmacia”?
Perché ci si dimentica spesso che il farmacista è a tutti gli effetti, soprattutto per la legge italiana, un operatore sanitario o è difficile accettarne l’idea?
Quando si parla di diritti, spesso sembra che vi sia diversa dignità tra quelli propri di alcuni cittadini e quelli di altri. La libertà di pensare ed operare secondo coscienza non è una peculiarità di una sola o poche categorie di persone. La propria libertà si acquista sempre nel rispetto della libertà degli altri: perché allora si ha paura di perdere parte dei propri diritti quando si permette ad alcuni di esprimere la loro libertà di coscienza?
Leggendo i commenti apparsi su vari siti internet, sono emersi dei punti di vista alquanto strani e in parte incomprensibili. Per alcuni il farmacista non può rifiutarsi di consegnare un farmaco, perché è costretto ad evadere la richiesta dietro presentazione di ricetta medica anche contro la propria coscienza: non ha alcun diritto o altre capacità professionali se non quella di saper leggere il nome del farmaco sulla ricetta, un semplice “distributore automatico” di farmaci. Per altri l’obiezione di coscienza andrebbe a ledere profondamente la libertà della donna, ma dei diritti del piccolo embrione nessuno ne parla. Alcuni poi si considerano sdegnati nei confronti del possibile comportamento del farmacista: il farmaco per la terapia di una specifica patologia deve sempre essere reso disponibile. Nel caso specifico di un farmaco che impedisce la gravidanza attraverso vari meccanismi, tra i quali anche quello di bloccare lo sviluppo dell’embrione, ci risulta chiaro quale ne sia l’impiego terapeutico. C’è da chiedersi allora perché alcuni considerano la gravidanza una patologia da curare o da evitare?
La Consulta di Bioetica (associazione onlus di cittadini, da non confondere con un organo consultivo dello Stato italiano!) ha condannato aspramente il documento in cui il C.n.b. si esprime a favore dell’obiezione di coscienza per i farmacisti, considerandolo un grave attacco alla laicità dello stato e un mezzo per “imporre alla società visioni del mondo personali che non possono essere legittime quando limitano le libere scelte altrui”. Espressioni allarmistiche non molto liberali da parte di chi vuole difendere la libertà di tutti. Attendiamo di leggere le motivazioni integrali sulla posizione assunta dal C.n.b. per poi sviluppare delle considerazioni più ampie e precise.
Invitiamo i colleghi e coloro a cui interessa l’argomento, a scrivere i loro commenti su questo blog. Credo sia utile dare voce ai pensieri e alle riflessioni di chi ha idee costruttive e la volontà di confrontarsi.
L’obiezione di coscienza per i farmacisti è un diritto costituzionale, sancito anche dall’ultimo pronunciamento del Cnb. E’ un diritto che deriva direttamente dall’essere operatori sanitari che sempre più devono svolgere la loro professione coinvolgendo la propria coscienza. Nessuno di noi vuole calpestare o minimizzare i diritti degli altri, ma solo essere libero di scegliere secondo coscienza in casi ben determinati. Essere obiettori non significa per noi rifiutarci di fare il nostro dovere o negare un farmaco nella necessità di una terapia, ma dare testimonianza di fede, sui valori in cui crediamo, essere testimoni di vita cristiana anche nella nostra professione. Invito tutti ad un confronto serio e costruttivo, premessa importante per raggiungere obiettivi condivisi e duraturi.
caro Giorgio, grazie di questa idea di raccogliere idee e commenti. La difficoltà di molti nostri colleghi a capire il valore dell’ obiezione di coscienza è dovuta alla confusione morale che inquina la nostra epoca per cui si confonde la libertà con la licenza di fare ciascuno ciò che gli torna comodo senza rispettare principi fondamentali come il rispetto della vita umana. La prima cellula del piccolo embrione è il meraviglioso inizio di un nostro fratello o sorella ed è per questo motivo che nessuno può ucciderlo, la scienza non può usarlo e lo Stato deve difenderlo: visto che lo Stato non lo fa, abbiamo il dovere di dissociarci e di dirlo chiaro a tutti!
Obiezione di coscienza del farmacista:
diritto costituzionale.
Venerdì scorso, 25 Febbraio, il Comitato Nazionale di Bioetica ha risposto ad un quesito della on. Luisa Santolini (UDC) in merito al diritto all’obiezione di coscienza, invocata dai farmacisti che non intendono dispensare la cosiddetta “pillola del giorno dopo”, riconoscendo che tale diritto “ha un fondamento costituzionale nel diritto generale alla libertà religiosa e alla libertà di coscienza”.
Quello del CNB è un parere etico e non giuridico. E’ comunque una chiarificazione e un punto fermo per tutti nel dibattito in corso, dal quale non si torna indietro. Spetta al Parlamento ora trarre le conseguenze del caso e approvare una delle sei proposte di legge depositate dal 2008 ad oggi. In Italia il diritto all’obiezione di coscienza è stato riconosciuto a chi non voleva fare il servizio militare e a tutti gli operatori sanitari contrari all’aborto, legalizzato con la legge 194/1978. In entrambi i casi si tratta di aspetti riguardanti il 5° comandamento “non uccidere”, cioè la vita umana e la sua tutela. Per i farmacisti non ospedalieri il problema nasce nell’Ottobre del 2000 con la commercializzazione della cosiddetta “pillola del giorno dopo”. Introdotta con l’ambigua catalogazione di farmaco per la contraccezione d’emergenza, la prima battaglia ha riguardato l’esplicitazione della sua abortività. Nel 2001 il TAR del Lazio ha imposto l’aggiornamento del foglietto illustrativo con la chiara l’indicazione dell’effetto del farmaco sull’ovulo fecondato. A questo punto, trattandosi di aborto, materia già regolata da una legge, sembrava ovvio per analogia l’estensione anche in questo caso del diritto all’obiezione di coscienza. Mentre i medici, appoggiati dalle loro rappresentanze professionali e sindacali, si sono visti riconosciuto il diritto di negare la prescrizione di questi farmaci, tra i farmacisti invece, non altrettanto sostenuti dalle loro organizzazioni professionali e sindacali, gli obiettori hanno finito per subire pressioni, intimidazioni, in certi casi vere e proprie aggressioni e perfino denunce. Nell’asprezza del conflitto, va riconosciuto all’UCFI, l’Associazione dei Farmacisti Cattolici, il merito di essersi investita del problema e la determinazione di farsi interlocutore credibile presso i vari soggetti istituzionali e sociali coinvolti, per veder riconosciuto questo diritto a tutta la categoria. Accettato il valore costituzionale del diritto all’obiezione di coscienza, restano i “distinguo” di coloro che per certe materie, come per i valori indisponibili della vita, si mostrano più preoccupati non tanto dei diritti della persona, quanto piuttosto delle conseguenze che l’appellarsi ad essi provoca nella società. Si tratta naturalmente di rispettabili opinioni, magari anche di esperti paludati, ma sempre opinioni rimangono, non dogmi. Secondo alcuni membri del CNB il farmacista “non” ha ruolo giuridico come il medico, perché “non ha potere di entrare nel merito delle scelte effettuate”. Mi sembra un’obiezione che metta in discussione la stessa professionalità del farmacista. A proposito invece del conflitto tra diritto all’obiezione e diritto del cittadino, in questo caso della donna, alla salute, cioè di ottenere il farmaco, conflitto a mio parere facilmente risolvibile sul piano meramente organizzativo, mi spiace che in termini di linguaggio si continui prima di tutto a considerare la gravidanza come una “malattia”, e poi a contrabbandare certi comportamenti, come l’assunzione della pillola del giorno dopo, come diritto alla salute. Una ipocrisia linguistica, e non solo, che risale alla stessa legge 194, che legalizzò l’aborto, chiamata dal legislatore: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Ancor più sbalorditiva è la richiesta di certe Associazioni di consumatori di liberalizzare la vendita della pillola del giorno dopo, come se si trattasse di caramelle. Se sono questi signori, con queste loro scelte, quelli che ci guardano le spalle per tutelarci come consumatori, poveri noi! Don Marco Belladelli. Ass. Nazionale UCFI (FARMACISTI CATTOLICI).
Caro Giorgio,complimenti per il bellissimo sito dell’Ucfi di Venezia e per questa parte del sito in cui e’ possibile lasciare un commento.Finalmente cominciamo ad avere risposte,anche se ancora parziali, al diritto di obiezione di coscienza del farmacista,ma ancora molti,anche tra i colleghi, non sono sensibilizzati al riguardo. Nel numero di dicembre della rivista “Punto Effe” c’era un editoriale che ha parlato di obiezione di coscienza del farmacista come fosse una stranezza di qualcuno e non un altissimo valore costituzionale, oltre che umano e professionale ,di tutti.Ho inviato a “Punto Effe” questa mail,nella speranza venga pubblicata : < Nell'editoriale del n. 19 di dicembre 2010 l'autore riconosce valore all'obiezione di coscienza del farmacista,ma afferma che ci sono cose piu' importanti nella vita di farmacia. Conosco bene i problemi della farmacia,ma mi riesce impossibile considerare anche i piu' gravi problemi che abbiamo piu importanti della uccisione di una vita umana.Siamo diventati farmacisti per collaborare alla cura dei malati,non per collaborare a uccidere vite umane. Il non uccidere non riguarda solo i cristiani,riguarda tutti. Chi vuole da me la "pillola del giorno dopo",anche con regolare ricetta medica,non e' alla ricerca di un farmaco per curare un malato,ma di un prodotto chimico capace di eliminare una vita umana che considera scomoda. Una ventina di anni fa e' stata variata la definizione di farmaco per potere chiamare farmaci anche prodotti che nulla curano e hanno la capacita' di uccidere,togliendo al farmaco il significato esclusivo di cura che aveva. L'obiezione di coscienza nei confonti della uccisione di una vita umana(dal momento della fusione dei gameti nel concepimento e' vita umana!) ha un valore costituzionale altissimo. A tal riguardo il Prof. Baldassarre,presidente emerito della Corte Costituzionale,ha dichiarato,nel Convegno "L'obiezione di coscienza del farmacista tra diritto e dovere" (Roma,23-10-2009): A livello costituzionale il diritto di un soggetto ad avere un farmaco e il diritto del farmacista all’obiezione di coscienza sono legittimi entrambi, ma, a voler essere rigorosi, il diritto all’obiezione di coscienza nella scala dei valori costituzionali è un valore molto superiore.> Grazie,Giorgio,a presto! Fausto Roncaglia – delegato Ucfi per l’Emilia-Romagna.
Condivido quanto affermato dal Comitato nazionale di bioetica.
Scrive don Marco:
Secondo alcuni membri del CNB il farmacista “non” ha ruolo giuridico come il medico, perché “non ha potere di entrare nel merito delle scelte effettuate”. Mi sembra un’obiezione che metta in discussione la stessa professionalità del farmacista.
Ecco, almeno per questo motivo tutti i farmacisti dovrebbero appoggiarci.
Se il farmacista non può mettere in discussione nulla, dalla ricetta del medico alla richiesta di un OTC di un cliente, la sua fine è vicina.
Le medicine non gliele fanno/lasciano preparare più, le ricette sono scritte col computer e le può leggere chiunque, sempre per il computer esistono programmi che segnalano le interazioni tra farmaci: quanto ci vorrà prima che qualcuno (magari sua simpatia il Garante della concorrenza) proponga di eliminare questo costoso professionista ed affidare i suoi compiti a commessi e tabaccai?
Sono una ginecologa ed ho seguito con interesse la questione sull ’ obiezione di coscienza alla prescrizione, da parte dei farmacisti , della pillola del giorno dopo . Come già messo in evidenza, ritengo sia un diritto di ciascun professionista agire secondo coscienza, pur nel rispetto della persona e delle sue proprie decisioni, sulle questioni che riguardano il rispetto della vita dal suo inizio alla sua conclusione naturale.
Anche nella categoria dei medici ci sono state varie discussioni e polemiche, ma anche nel nostro caso il comitato nazionale di bioetica si è espresso riconoscendo al medico il diritto di appellarsi alla clausola di coscienza sulla prescrizione di Levonorgestrel.
Ma perché tanta discordia? Forse manca un confronto sereno che abbia come base un ascolto reciproco. Mi permetto di condividere con voi qualche riflessione.
NELLA LETTERATURA SUL MECCANISMO D’ AZIONE E’ RIPORTATO: “IL LEVONORGESTREL AGISCE PRINCIPALMENTE PREVENENDO L’ OVULAZIONE E LA FECONDAZIONE (EFFETTO PREFERTILIZZANTE), E MODIFICANDO LA MUCOSA DELLUTERO RENDENDOLA INADATTA ALL’ IMPIANTO DI UN UOVO FECONDATO ( EFFETTO POST FERTILIZZANTE ).”
Viene chiaramente fatto riferimento all ’ azione intercettiva del farmaco, quella cioè che rende impossibile all’ embrione di continuare la sua esistenza perché gli viene impedito di annidarsi nell ’ utero materno.
Il levonorgestrel , dicono i non obiettori, non ha nessun effetto sulla gravidanza ; se consideriamo “gravidanza ” dal momento dell’ impianto della blastocisti nell ’ utero materno, possiamo concordare su questa affermazione.
Il levonorgestrel , dicono i non obiettori, non ha effetto abortivo; chiediamo: cosa si intende per aborto? Se si intende l’ interruzione della gravidanza già iniziata, ( stessa definizione riportata sopra) allora possiamo essere d’ accordo nel dire che il farmaco in questione non è abortivo.
Tuttavia l’ esistenza del nuovo individuo inizia dal concepimento ed è questo, non l’ inizio della gravidanza, secondo la predetta definizione, l’ aspetto importante, il punto cruciale e fondamentale per tutti coloro, operatori sanitari o pazienti, che per motivi etici, religiosi o di coscienza vogliano rispettare la vita del nuovo individuo senza interferire nelle fasi del suo sviluppo. Quello che per tanti colleghi è solo un uovo fecondato, per tanti altri è un essere umano.
E’ lecito ad un medico procurare la morte di un essere umano? E’ lecito ad un farmacista mettere nelle mani di una persona un veleno letale anche se prescritto da un medico? Il giudice che cercherà le colpe sulla morte di quell ’ individuo, andrà senz ’ altro a chieder ragioni al medico , ma andrà anche dal farmacista dicendo :” tu non potevi non sapere che stavi consegnando un veleno…”
La vendita del levonorgestrel è legalizzata ma questo non può impedire alle coscienze di esprimersi e di agire “controcorrente”.
E’ giusto allora , come riferisce il documento del comitato nazionale di bioetica, che il medico ed il farmacista abbiano il diritto di appellarsi alla clausola di coscienza, ma è altrettanto giusto che, anche le donne, alle quali venga proposta la pillola del giorno dopo, abbiano il diritto di essere adeguatamente informate sia sul possibile meccanismo d’ azione post fertilizzante del levonorgestrel, affinché possano scegliere liberamente sulla base delle conoscenze e delle proprie convinzioni etiche-culturali-religiose, sia sulle motivazioni che spingono medici e farmacisti all’ obiezione di coscienza; il non farlo andrebbe contro, NON A FAVORE, la loro libertà e dignità, la possibilità di esprimere la propria autodeterminazione! Un caro saluto. Elena Ramilli
Elena, tu scrivi:
Tuttavia l’ esistenza del nuovo individuo inizia dal concepimento…
I contrari all’obiezione di coscienza sostengono che il nuovo individuo NON inizia ad essere tale dal concepimento ma più tardi, per cui la PDGD non è abortiva.
Scrivi anche:
anche le donne, alle quali venga proposta la pillola del giorno dopo, abbiano il diritto di essere adeguatamente informate sia sul possibile meccanismo d’ azione post fertilizzante del levonorgestrel,
Io credo che le donne (ma anche gli uomini, perchè no?)dovrebbero informarsi/essere informate PRIMA di ‘averne bisogno’, in modo da poter decidere se la scappatoia della PDGD per loro è accettabile o no. Invece c’è tanta superficialità, come ce n’è nell’assunzione/prescrizione di pillole, spirali ecc. Quanti sono i medici che all’eventuale richiesta della paziente si preoccuppano di spiegare che tali metodi anticoncezionali potrebbero andare contro le loro convinzioni morali?
Io spero che tu non sia la classica mosca bianca, ma anche se lo fossi vai avanti così, continua a difendere i diritti delle donne.